L’attuale disciplina prevede la possibilità di divorziare dopo che sia decorso un tempo relativamente breve dall’intervenuta separazione.
In particolare, il divorzio (scioglimento del matrimonio o, in caso di matrimonio concordatario, cessazione degli effetti civili) potrà essere chiesto a condizione che siano decorsi:
– almeno dodici mesi dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al Presidente del Tribunale nella procedura di separazione personale giudiziale;
– almeno sei mesi dalla comparizione dei coniugi avanti al Presidente del Tribunale nella procedura di separazione personale consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale;
– almeno sei mesidalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato;
– almeno sei mesi dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso innanzi all’Ufficiale dello Stato Civile.

Divorzio davanti al Tribunale
Tale modalità è applicabile sia alle ipotesi di divorzio contenzioso (o giudiziale) sia alle ipotesi di divorzio consensuale.
Il Tribunale territorialmente competente è quello di residenza del coniuge convenuto nel caso di divorzio giudiziale e quello di residenza di uno o di entrambi i coniugi in caso di divorzio congiunto.
Nelle ipotesi di divorzio contenzioso la domanda viene presentata con ricorso da uno dei coniugi (attore o ricorrente) nei confronti dell’altro (convenuto o resistente): il ricorso conterrà (oltre a domande eventuali quali, ad esempio, la richiesta di un assegno divorzile di mantenimento, la richiesta di addebito, di affidamento congiunto o esclusivo dei figli, di assegnazione della casa coniugale, ecc.), la domanda di scioglimento del matrimonio (nel caso di matrimonio civile) ovvero di cessazione degli effetti civili (in caso di matrimonio concordatario).
Il coniuge chiamato in giudizio ha, naturalmente, il diritto di esporre al Giudice il proprio punto di vista, le proprie ragioni e formulare le proprie domande.
La prima fase del procedimento in questione si svolgerà innanzi al Presidente del Tribunale, il quale, dopo aver esperito un tentativo di conciliazione dei coniugi, in caso di mancato successo della conciliazione medesima, provvederà all’emissione di un provvedimento con il quale assumerà i provvedimenti temporanei e urgenti nell’interesse dei coniugi e degli eventuali figli, e fisserà l’udienza per la comparizione dei coniugi avanti al Giudice Istruttore per la prosecuzione del giudizio nella sua fase di merito.
Tale fase, nella quale i coniugi potranno anche modificare le domande già proposte nella fase sommaria avanti al Presidente (e nella quale avranno luogo tutte le attività istruttorie) si conclude con la pronuncia di una sentenza, con cui quale il Giudice Istruttore potrà confermare o modificare i provvedimenti già pronunciati all’esito della fase presidenziale.

Divorzio congiunto
Molto più semplice e rapido è il procedimento introdotto a seguito di un ricorso per divorzio congiunto dei coniugi, che si conclude solitamente con un’udienza avanti al Tribunale e la successiva pronuncia di una sentenza.
Si diceva che tale procedimento inizia con il deposito da parte dei coniugi (che possono o meno essere assistiti da un avvocato), di un ricorso nel quale essi, oltre alla domanda di pronuncia del divorzio, inseriscono tutte le condizioni e gli accordi tra di loro intervenuti.
Previo, anche in tale ipotesi, il tentativo di conciliazione tra i coniugi, in caso di fallimento del medesimo, il Tribunale emetterà sentenza,nella quale generalmente recepirà gli accordi raggiunti dai ricorrenti e pronuncerà lo scioglimento del matrimonio ovvero la cessazione degli effetti civili del medesimo.

Divorzio a seguito di negoziazione assistita
Il procedimento di negoziazione assistita è una specie di divorzio consensuale che, anziché svolgersi avanti al Tribunale, può avere luogo presso lo studio di un avvocato (ciascuno dei coniugi dovrà essere assistito dal proprio legale, non essendo consentito che entrambi i coniugi abbiano un solo avvocato). I coniugi stipulano un vero e proprio accordo (che deve essere fatto per iscritto e sottoscritto dalle parti e dai rispettivi legali) contenente la volontà di addivenire al divorzio e tutti i vari patti di varia natura (economica e non) connessi alla fine del rapporto coniugale.
Il divorzio con negoziazione assistita è possibile anche in presenza di figli minorenni o maggiorenni incapaci o portatori di handicap.
Il procedimento viene di solito avviato da uno dei coniugi, che, attraverso il proprio avvocato, comunica,per iscritto, la propria volontà di addivenire ad una “risoluzione” negoziata del matrimonio.L’invito in questione deve presentare, quale contenuto minimo, l’indicazione dell’oggetto della controversia e l’avvertimento che la mancata risposta ovvero il rifiuto ad accedere alla negoziazione assistita entro trenta giorni dalla ricezione può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e ai fini di quanto previsto dagli art. 96 e 642 c. I c.p.c..
Il procedimento di negoziazione assistita si deve concludere nel lasso di tempo individuato dalle parti e non potrà avere, comunque, una durata inferiore ad un mese né superiore a tre mesi. E’ possibile una proroga, concordata dalle parti, di giorni trenta.
In caso di accordo, lo stesso deve contenere la modifica dello status dei coniugi, gli aspetti economici della cessazione dell’unione coniugale nonché le disposizioni riguardanti i figli e, quindi, il loro affidamento e il relativo mantenimento.
Se i coniugi non hanno avuto figli (oppure nel caso in cui i medesimi siano maggiorenni ed autosufficienti) l’accordo deve essere trasmesso, a cura degli avvocati, al Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica competente per territorio, il quale, se non rileva problematiche e irregolarità, provvede alla concessione del relativo “nulla osta”.
Nel caso in cui i coniugi abbiano figli minorenni o maggiorenni incapaci o non autosufficienti, l’accordo deve essere trasmesso al Pubblico Ministero, sempre a cura degli avvocati, nel termine perentorio di dieci giorni. Se il Pubblico Ministero ritiene che l’accordo sia conforme agli interessi dei figli, provvede ad emettere l’”autorizzazione”; diversamente, provvede alla sua trasmissione, entro cinque giorni, al Presidente del Tribunale.
Intervenuto il “nulla osta” o l’”autorizzazione” del Pubblico Ministero, il legale deve trasmettere l’accordo dal medesimo autenticato all’Ufficiale dello Stato Civile del comune ove il matrimonio è stato iscritto o trascritto.

Divorzio in comune
L’ultima modalità per addivenire al divorzio (o alla modificazionedelle condizioni di divorzio) è quella dello svolgimento della procedura avanti all’Ufficiale dello Stato Civile (sindaco o suo delegato).
Le parti non hanno alcun obbligo di farsi assistere da un legale.
Il divorzio (o la modifica delle condizioni di divorzio) può avvenire avanti all’Ufficiale dello Stato Civile solo nei casi in cui i coniugi non abbiano figli minorenni o maggiorenni incapaci o portatori di handicap ovvero economicamente non autosufficienti.
L’accordo in questione non può contenere patti di trasferimento patrimoniale.
I coniugi non devono fare altro che comunicare all’Ufficiale dello Stato Civile la propria volontà di addivenire alla cessazione degli effetti civili del matrimonio o al suo scioglimento, secondo le condizioni e le modalità tradi loro concordate.
I coniugi che abbiano effettuato la dichiarazione di volere divorziare sono riconvocati avanti all’Ufficiale dello Stato Civile dopo un lasso di tempo non inferiore a trenta giorni: in tale circostanza dovranno riconfermare (o meno) l’accordo.
L’accordo che i coniugi hanno raggiunto – a condizione che il medesimo sia confermato dopo il suddetto periodo minimo di trenta giorni – è efficace e produce i suoi effetti dal momento dell’atto nel quale l’accordo è consacrato e non dalla successiva data della sua conferma.
Come si è già detto, il divorzio avanti all’Ufficiale dello Stato Civile non è possibile in presenza di figli minorenni o maggiorenni incapaci o portatori di handicap (salva l’ipotesi in cui i figli non siano di entrambi i coniugi ma di uno soltanto di essi).
Con tale tipologia di divorzio non è possibile pattuire trasferimenti patrimoniali (ad esempio, divisione della casa comune, vendita ad uno dei coniugi della quota di comproprietà nell’immobile comune, ecc.).
Non costituisce un trasferimento patrimoniale vietato la previsione di un assegno di mantenimento periodico in favore di un coniuge ed a carico dell’altro.
E’ esclusa, invece, in questa sede, la possibilità di pattuire il pagamento dell’assegno di mantenimento in un’unica soluzione (assegno una tantum).

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