Le conseguenze sull’assegno di mantenimento nel caso in cui non sia stata condivisa con il marito la scelta da parte della moglie di dedicarsi alla casa e di non svolgere alcuna attività lavorativa in costanza di matrimonio

La questione si riduce alla seguente domanda: è dovuto l’assegno di mantenimento nel caso in cui la moglie, nonostante le insistenze del marito in tal senso, non abbia mai inteso cercare un lavoro ed abbia preferito dedicarsi esclusivamente alla casa?
Semplificando all’estremo, può dirsi che, secondo quanto pacificamente ritenuto dalla giurisprudenza della Suprema Corte, l’assegno divorzile spetta al coniuge non più giovane e non in grado, per motivi oggettivi, di procurarsi un’occupazione e di provvedere, quindi, al proprio mantenimento. E’ intuitivo, infatti, che, se uno dei coniugi abbia, per esempio, da poco superato i trent’anni e non sussistano patologie o problematiche oggettive tali da impedire al medesimo il reperimento e lo svolgimento di un qualsiasi lavoro,difficilmente il Giudice potrà sancire un obbligo di mantenimento in capo all’ex coniuge. Salva, naturalmente, la dimostrazione, in giudizio, da parte di quest’ultimo,di essersi impegnato a fondo per cercare un lavoro, ma di non esservi ancora riuscito.
La questione si pone in termini completamente diversi nel caso in cui il coniuge che, contro la volontà dell’altro, non abbia mai inteso, in costanza di matrimonio, dedicarsi ad alcuna attività lavorativa ad eccezione delle faccende casalinghe, abbia, per esempio, superato i cinquant’anni. In questo caso, ponendo come presupposto la presunzione che tale assetto familiare sia stato concordato tra le parti e che il coniuge non occupato si sia dedicato all’attività casalinga per favorire la carriera lavorativa dell’altro coniuge – che magari abbia ottenuto delle progressioni lavorative e sia avanzato nella propria carriera – il Giudice potrebbe condannare il coniuge con un’attività lavorativa ed uno stipendio al pagamento dell’assegno di mantenimento in favore dell’altro.
La situazione sarebbe, quindi, per il coniuge occupato, sotto un profilo processuale, estremamente complessa.
L’unica via per cercare di opporsi alla domanda di assegno di mantenimento potrebbe essere rinvenuta in un inciso contenuto in alcune sentenze della Corte di Cassazione (si cita, per esempio, Cass. Civ. S.U., 11 luglio 2018, n. 18287), in cui il supremo consesso specifica che è necessario, nell’ambito del giudizio finalizzato a verificare la sussistenza dei presupposti per la previsione di un assegno di mantenimento, accertare se, effettivamente, la scelta di uno dei coniugi di dedicarsi, in costanza di matrimonio, esclusivamente alle attività casalinghe, sia stata una scelta CONDIVISA con l’altro coniuge.
In che senso? Nel senso che non potrebbe parlarsi di scelta condivisa nel caso in cui, nonostante le insistenze di uno dei coniugi, l’altro abbia sempre rifiutato di cercare un’occupazione.
Se tale scelta non può considerarsi condivisa, potrebbe prospettarsi la possibilità di un giudizio di non meritevolezza dell’assegno di mantenimento.
Il problema di tale strategia processuale è quello di fornire la prova del suddetto rifiuto.
E’ decisamente improbabile, infatti, nella pratica, che, in costanza di matrimonio, il coniuge “lavorante” abbia inteso far constare il rifiuto dell’altro coniuge di cercarsi un lavoro, inviando, per esempio, una diffida a quest’ultimo.
Ed è altrettanto improbabile che alle discussioni in tal senso dei coniugi abbiano assistito terze persone in grado di testimoniare quanto sopra avanti all’Autorità Giurisdizionale adita; come, del resto, è improbabile che uno dei coniugi abbia avuto l’accortezza di registrare le conversazioni e le discussioni intervenute.
Per quanto sopra, l’eccezione di non condivisione della scelta, da parte di uno dei coniugi, di non cercare un’occupazione, pur costituendo un valido argomento per contrastare la domanda di mantenimento proposta dall’altro coniuge, presenta degli inconvenienti non indifferenti sotto il profilo probatorio: qualora, quindi, il coniuge con un’occupazione non abbia avuto la “lungimiranza” (decisamente rara nella pratica) di precostituirsi prove circa il rifiuto del partner, in costanza di matrimonio, di “lavorare”, ben difficilmente potrebbe veder rigettata la domanda dell’altro coniuge, magari ultracinquantenne, di previsione di un assegno di mantenimento.
Note.

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